Pensato e scritto da chi voleva cambiare il mondo, invece si è accorta che è stato il mondo a cambiarle i connotati.
Insegna luminosa

sabato 28 settembre 2019
sabato 13 luglio 2019
Il giro del miele di Sandro Campani punge e trapunge
Il giro del miele, di Sandro Campani, Einaudi 2017, è un libro del
quale scrivo a caldo, avendolo letto in poco più di dodici ore, senza riuscire
a staccarmene.
Avendolo appena finito e con il
desiderio di rileggerlo.
Mi ha ricordato una scena
ipnotica di un film visto da piccola: un attore che infila monetine in un
bicchiere colmo, una alla volta, in una sfida a chi vince non facendolo traboccare.
I personaggi de Il giro del miele
fanno questo, per me, in una notte, davanti al fuoco del camino, la lince fuori
ad aspettarli, si raccontano e raccontano, spostando le tacche su una bottiglia
di grappa, e la lettura si fa vigile, attenta, nonostante l’ora tarda, perché
la tensione sale.
Lo sguardo di Sandro Campani che,
di notte, ci fa vedere i mostri nei tronchi dei castagni, non infierisce sulla
disperazione dei santi “pieni di schifo e di mostruosità”. È indulgente, ma non
compassionevole. Generoso.
Fuori dalla stanza nella quale
Davide e Giampiero consumano la sfida, si temono, si guardano come un figlio a un padre, o come due assassini, la luce si alza sull’appennino tosco-emiliano, che a noi può apparire ruvido, ma è perché lo abbiamo sentito, finanche al tatto.
Naturalmente le mie associazioni di idee sono totalmente inaffidabili.
Sandro Campani mi perdonerà....
mercoledì 12 giugno 2019
Ne La notte dell'uccisione del maiale Magda Szabó è spietata e vera
Ho impiegato del tempo a leggere La notte dell’uccisione del maiale, di
Magda Szabó, Edizioni Anfora, 2018.
Mi ci sono persa dentro.
I personaggi, tanti, hanno nomi
che sono difficili e cambiano, a volte diventano nomignoli e soprannomi.
Sono, anzi si fanno, nonostante
questo, mano a mano, riconoscibili e si elidono fino a restare due.
Forse.
Non vorrei raccontare la storia,
ché non ne sarei capace, solo provare a dare conto delle sensazioni.
Forti.
La prima è di essere al cospetto
di una narratrice spietata, efferata, vera.
La seconda di aver avuto tra le
mani una storia, che tutta si svolge nell’arco di ventiquattro ore, ma nella
quale il tempo si è dilatato, ha mutato il passo. Il mio compreso.
La terza è di aver sovvertito il
mio pensavo innato senso di giustizia e quindi di essermi sentita spiazzata
nella sicumera.
Ora vorrei leggere altre storie
di Magda Szabó, imparare a guardare il mondo
attraverso il suo sguardo luciferino.
domenica 9 giugno 2019
In Eravamo tutti vivi di Claudia Grendene ... ingannevole è la semplicità più di ogni cosa
Eravamo tutti vivi di Claudia
Grendene, Marsilio Editori, è un libro di ingannevole semplicità, o di una complessità che si cela
sotto un uso scorrevole e leggero della lingua.
Leggerezza apparente anch’essa,
perché Claudia Grendene colpisce con verità potenti.
Alla fine, che non svelo, sono
rimasta interdetta.
Provo a spiegarmi.
Io di Eravamo
tutti vivi, me ne sono innamorata a scoppio ritardato.
Mentre lo leggevo
e osservavo quell’artificio mai letto prima del montaggio a ritroso, che pure
lasciava non svelato il seguito, che era l’antefatto, come se fosse un
artificio, appunto, quindi con un certo distacco, mi sono ritrovata, senza
rendermene conto, dentro una storia nella quale l’occhio di bue, non l’uovo,
anche se sapete che sono una burlona, ma il fascio di luce, si sposta da un
personaggio all’altro, da una storia all’altra, ricostruendo le vicende della
mia generazione come, appunto, non avevo mai letto.
Così quando mi sono accorta che
quella narrata era non solo, come si è giustamente scritto, una storia corale,
ma soprattutto, e quello che a me importa di più, anche la mia storia, ne è
derivato quel senso di straniamento e di gratitudine insieme e, quando Claudia Grendene, con quel fascio
di luce, mi ha fugacemente, ma non troppo, mostrato dov’ero io, lì dentro, mi
ha vista e mi ha riconosciuta, e con me tutti noi, io l’ho ringraziata per
quello strano gioco di specchi.
Per quello sguardo benevolo, carezzevole e non
performante.
Così mentre io cercavo di stanare
lei, e analizzavo la tecnica, e studiavo le scene, dottamente ottusa, io dico di me medesima, dolcemente, ma con fermezza,
![]() |
Anche se Claudia Grendene dice che i libri non hanno le gambe, la mia copia non 'salta fuori' |
Questa
la sensazione, e non si può immaginare il sollievo.
giovedì 16 maggio 2019
Per le questioni spinose... ci vuole un Oracolo con i controcactus!!!
Scrivere di un Oracolo mi metterebbe in soggezione.
Gli
Oracoli, che notoriamente oracolano, sono suscettibili, dispettosi come divinità
scorbutiche.
Scrivere dell’Oracolo manuale per scrittrici e scrittori di
Giulio Mozzi (Sonzogno, 2019), no. È un Oracolo sui generis, diverso perchè unico nel suo genere.
Intanto è serissimo, ma simpatico.
Poi ci becca. Nel senso
che ho assistito agli Oracolamenti dell’Oracolo, con gli occhi di fuori come
padelle, come si assisterebbe a una rivelazione.
Tu, scrittrice o scrittore aspirante o no, sei lì, impiantata/o
o impantanata/o, impanata/o, sulla pagina, che non vai né avanti, né indietro, nel
blocco della scrittrice o dello scrittore, prendi in mano l’Oracolo, poni all’Oracolo
una domanda sul tuo testo, ma non solo, come faresti con il libro delle
risposte di Carol Bolt, o con le Strategie Oblique di Brian Eno, ai quali l’autore
si è ispirato in questo gioco che non è un gioco, quindi sfreghi la mano sull’Oracolo,
lo accarezzi rispettosamente o lo pizzichi, apri una pagina a caso e ci trovi
la risposta che ti tira fuori dalla tua debacle.
Sulle pagine accanto alle risposte ci sono delle massime, il dono generoso e utile che l’Oracolo vivente Giulio Mozzi ha
raccolto in molti anni di esperienza di scrittore, talent scout e insegnante alla
Bottega di Narrazione di Milano.
![]() |
Agota consulta l'Oracolo |
Nell’Oracolo ci sono anche le figure: i cactus, perché
scrivere è una faccenda spinosa.
I cactus, seppur con le spine, nell’Oracolo
sono altrettanto simpatici: li hanno disegnati Lise & Talami.
Quindi riassumendo: l’Oracolo di Giulio Mozzi
non mette soggezione, è simpatico, ci azzecca, è utile e generoso.
Parola di oracolata.
Provare per credere!
sabato 11 maggio 2019
La proibizione di Valentina Durante è un romanzo di inaudita bellezza
La proibizione di
Valentina Durante (Laurana Edizioni, 2019) è un romanzo di rara, perturbante
bellezza.
L’uso che Valentina Durante fa in questo romanzo della lingua,
e la storia, che declina in maniera sempre diversa un pensiero
ossessivo, e così lo amplifica al parossismo, sono avviticchiati.
Come edera.
Mentre il respiro, che accompagna la lettura, cambia ritmo,
a volte si eccita, a volte si impaurisce, a volte rimane sospeso, la storia de
La proibizione, e il come è narrata, invischiano, tolgono il fiato.
«Le cose belle viste
da vicino possono essere spaventose.» Così scrive Valentina Durante.
In questo libro accade al lettore, a noi, esattamente il
contrario: avvicinandoci, come potrebbe fare un entomologo, a quanto di più
spaventoso può capitare, noi veniamo catturati dalla sua bellezza.
Rimane, alla fine della lettura, un senso di stupore. Come di straniamento.
Consapevole però.
La
gratitudine verso l'arte che sublima qualcosa che non avevamo mai
sentito raccontare, e così, in maniera potente e naturale insieme. Che
il non dicibile possa essere narrato, il proibito avere diritto di cittadinanza, ci restituisce una parte mancante, che forse era stata amputata.
Iscriviti a:
Post (Atom)