Insegna luminosa

Insegna luminosa

venerdì 28 febbraio 2020

Noi e gli squali di Caterina Bonvicini

Ho comprato L'equilibrio degli squali di Caterina Bonvicini, edito da Garzanti, credo nel 2008, a una presentazione dell'autrice: all'interno c'è una sua dedica: "A Francesca, dal lago, sotto la pioggia. Grazie per essere venuta!".
Deve essere stato al Festival della Letteratura di Mantova di quell'anno. Devo anche aver scambiato qualche parola con l'autrice: probabilmente le ho detto che vengo dal lago.
Certo è che se non avessi aperto il libro, non me ne sarei ricordata.
Questo romanzo è rimasto per dodici anni su uno scaffale, la carta si è leggermente ingiallita, finchè, tra oggi e ieri, l'ho letto.
Ne scrivo ora e non so se si possa dire, in questo caso, a caldo, ma mai come adesso ho pensato che i libri abbiano bisogno non di acquirenti, ma di lettori.
Forse perché certe storie invischiano, forse per quella copertina che ricorda Torino, io so di aver evitato di leggere questo libro.
Deliberatamente.
Eppure in questa storia c'è qualcosa di potente e inafferrabile, una metafora perfetta e mai esplicitata, per fortuna, che non sarò io a rivelare, perchè, semplicemente, mi ci sono trovata incollata, senza riuscire io stessa a definirla.
I luoghi sono così evocativi: lo sguardo di Caterina Bonvicini delinea una Torino che credevo di conoscere bene, ma che ha la luce di una Parigi decadente o di una Praga misteriosa e, insieme, un mare abitato da creature dall'eleganza perfetta, primitiva, dalla fragilità ancestrale.
La storia si stratifica in movimenti spiraliformi, in una sorta di abisso, non è una discesa agli inferi, quanto piuttosto un lento avvicinamento al nucleo più profondo di noi stessi.
Caterina Bonvicini sa illuminare quell'abisso a tratti opalescente di una luce nella quale il mostruoso che lo abita riesce a non fare paura. Ha una sua ragione di esistere.


mercoledì 12 febbraio 2020

Piccolo testamento di Gabriele Dadati tracima di ricordi

Continua il mio viaggio, attraverso la lettura di piccolo testamento, di Gabriele Dadati (Laurana Editore 2011): un libro esile, ma non da poco. Il dolore più forte e acuto lo si avverte, più diventa essenziale nella sua espressione, quasi scarnificato.
Gabriele Dadati narra della malattia e della morte di un amico caro, di un maestro e, che in questo momento io non riesca a ricordarne il nome mi fa pensare sia un nome inventato, forse l'unica operazione di finzione nel romanzo, che  deve sicuramente ispirarsi a una perdita vera.
Quella che nell'amico viene all'inizio scambiata per una grave forma di depressione si rivela essere una malattia che lo porta nell'arco di pochi mesi alla morte.
Il dolore, così misurato nelle parole scelte con cura, ha la dignità del pudore e, più che un testamento, il romanzo rappresenta un monito, un vademecum di consigli, non mellifluo, un bagaglio di ricordi delle cose piccole, come i momenti vissuti insieme in un B&b gestito da un indiano, che nella loro tragicomicità riescono a strappare il sorriso.
Così l'immagine di questo giovane uomo che guarda i bicchieri nella casa dove si è appena trasferito e non riesce a distinguere quello nel quale ha bevuto il suo maestro, risulta semplice e potente allo stesso tempo.
Al giovane scrittore che si recava da lui a leggergli i suoi racconti, l'amico e maestro consigliava di leggersi sempre a voce alta, per trovare gli inciampi. Dadati, che impara a convivere con il suo fantasma buono, congeda anche un amore e si ritrova, all'alba di una lunga notte, scrittore orfano di chi, più di tutti, voleva ascoltasse la sua voce.

domenica 9 febbraio 2020

L'animale femmina di Emanuela Canepa seduce senza volerlo

Ho finito oggi di leggere L'animale femmina di Emanuela Canepa, edito nel 2018 per Einaudi Editore. 
Sto diventando una lettrice pigra e molto selettiva e devo dire che inizialmente mi sono chiesta cosa mi facesse andare avanti nella lettura di questo romanzo, che ha vinto all'unanimità l'edizione 2017 del premio Calvino. 
Avranno capito i pochi lettori di questo blog che le mie recensioni, del tutto prive di competenza letteraria, hanno solo una valenza emotiva. Quello che cerco nella lettura è soprattutto il piacere fine a sè stesso. 
La storia è raccontata in presa diretta, in prima persona singolare, al presente, da una giovane donna fuori corso, che si è trasferita dal Sud a Padova, forse più che per studiare medicina, per fuggire una madre che le toglie l'aria, la soffoca.
Non posso raccontare la trama, che adesso si dice spoilerare. 
Non posso togliervi il piacere di ritrovarvi a strappare il tempo alla lettura, sempre più catturati, impastoiati, da un gioco di seduzione che a poco a poco si ribalta e che diventa, sotto i nostri occhi, un lento cammino di liberazione e autodeterminazione e non solo della protagonista. 
Una scrittura, quella di Emanuela Canepa, che è insieme fresca e matura e che getta una luce inedita sull'amore, come farebbe una divinità senza età che sa guardare, dall'ombra, il bello.