Insegna luminosa

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mercoledì 12 giugno 2019

Ne La notte dell'uccisione del maiale Magda Szabó è spietata e vera


Ho impiegato del tempo a leggere La notte dell’uccisione del maiale, di Magda Szabó, Edizioni Anfora, 2018.
Mi ci sono persa dentro.
I personaggi, tanti, hanno nomi che sono difficili e cambiano, a volte diventano nomignoli e soprannomi.
Sono, anzi si fanno, nonostante questo, mano a mano, riconoscibili e si elidono fino a restare due.
Forse.
Non vorrei raccontare la storia, ché non ne sarei capace, solo provare a dare conto delle sensazioni.
Forti.
La prima è di essere al cospetto di una narratrice spietata, efferata, vera.
La seconda di aver avuto tra le mani una storia, che tutta si svolge nell’arco di ventiquattro ore, ma nella quale il tempo si è dilatato, ha mutato il passo. Il mio compreso.
La terza è di aver sovvertito il mio pensavo innato senso di giustizia e quindi di essermi sentita spiazzata nella sicumera.
Ora vorrei leggere altre storie di Magda Szabó, imparare a guardare il mondo attraverso il suo sguardo luciferino.
 

domenica 9 giugno 2019

In Eravamo tutti vivi di Claudia Grendene ... ingannevole è la semplicità più di ogni cosa


Eravamo tutti vivi di Claudia Grendene, Marsilio Editori, è un libro di ingannevole semplicità, o di una complessità che si cela sotto un uso scorrevole e leggero della lingua. 
Leggerezza apparente anch’essa, perché Claudia Grendene colpisce con verità potenti.
Alla fine, che non svelo, sono rimasta interdetta.
Provo a spiegarmi. 
Io di Eravamo tutti vivi, me ne sono innamorata a scoppio ritardato. 
Mentre lo leggevo e osservavo quell’artificio mai letto prima del montaggio a ritroso, che pure lasciava non svelato il seguito, che era l’antefatto, come se fosse un artificio, appunto, quindi con un certo distacco, mi sono ritrovata, senza rendermene conto, dentro una storia nella quale l’occhio di bue, non l’uovo, anche se sapete che sono una burlona, ma il fascio di luce, si sposta da un personaggio all’altro, da una storia all’altra, ricostruendo le vicende della mia generazione come, appunto, non avevo mai letto.
Così quando mi sono accorta che quella narrata era non solo, come si è giustamente scritto, una storia corale, ma soprattutto, e quello che a me importa di più, anche la mia storia, ne è derivato quel senso di straniamento e di gratitudine insieme e, quando Claudia Grendene, con quel fascio di luce, mi ha fugacemente, ma non troppo, mostrato dov’ero io, lì dentro, mi ha vista e mi ha riconosciuta, e con me tutti noi, io l’ho ringraziata per quello strano gioco di specchi. 
Per quello sguardo benevolo, carezzevole e non performante.
Così mentre io cercavo di stanare lei, e analizzavo la tecnica, e studiavo le scene, dottamente ottusa, io dico di me medesima, dolcemente, ma con fermezza,
Anche se Claudia Grendene dice che i libri non hanno le gambe, la mia copia non 'salta fuori'
Claudia Grendene, è me che ha tirato fuori dalla tana.
Questa la sensazione, e non si può immaginare il sollievo.