Ho letto Magnificat di Sonia Aggio [Fazi editore, 17 euro] in questo inizio anno, tra ieri ed oggi. Ne scrivo a "caldo" perché così mi va.
E' un romanzo per il quale userei l'espressione di realismo magico ma non so se è una cosa che ho sentito da qualche parte o se me la sono inventata, quindi come tutte le cose che scrivo credo sia da prendere con le pinze.
Ambientata durante la Piena che ha alluvionato il Polesine, nel '51, con qualche salto indietro e avanti nel tempo, la storia, che avvince e convince, narra di due cugine, Nilde e Norma, che sono quasi e forse più che sorelle: rimaste entrambe orfane, dopo i bombardamenti del '44, sono cresciute insieme, in un rapporto di affetto forte, che le lega in maniera indissolubile una al destino dell'altra.
E' originale la struttura del romanzo, che si divide in due parti quasi speculari: la prima scritta dal punto di vista di Nilde, la seconda dal punto di vista di Norma. Le stesse scene appaiono così riscritte, cambiando il narratore.
Da subito si capisce che qualcosa di ineluttabile e potente sta per accadere e quando questo evento, che si annuncia drammatico e tragico, accade, il lettore [nella fattispecie io] vi assiste con molta paura e sgomento, direi con orrore, fino alla fine tenuto incollato come davanti a un horror ben congegnato [mi sembra questa che ho scritto una banalità gigantesca, poiché si è trattato di cronaca e infine di un avvenimento storico che ha travolto un'intera società].
Il paesaggio del Delta del Po, che ha qualcosa di sublime e che la sua autrice dimostra di amare con un amore religioso e profano insieme, è descritto con una penna felice e diventa protagonista, insieme a Norma e a Nilde, del romanzo.
Paesaggio che, nonostante la devastazione, non ha perso la sua bellezza.
Storia che, "nonostante" la sua tragicità e la sua natura perturbante, mi pare un esordio magnifico [il "nonostante" è perché di mio tendo a evitare sia le tragedie che il perturbante].
La luce, che comunque c'è e si apre, è nello sguardo amorevole dell'autrice verso la sua terra, alla quale reca un tributo di grazia e gratitudine, narrando una storia che sembra avere radici lontane.