Insegna luminosa

Insegna luminosa

sabato 10 giugno 2023

In Buio padre, Michele Vaccari come Stephen King

In Buio padre (Marsilio, pag. 381, euro 18, 2023) Michele Vaccari inventa una storia la cui trama coinvolge e travolge, a tratti fa paura. Soprattutto inventa un mondo.

Nel paesino di Crinale, un luogo immaginario nell'entroterra ligure, quattro amici, Raul Vinicio Adamo e Dafne, si ritrovano in una chiesa sconsacrata per la festa di addio a Vinicio, costretto a lasciare Crinale per il licenziamento del padre da una falegnameria, quando una bomba d'acqua investe la Valle e il distacco di un enorme monolite dalla montagna dà l'abbrivio a una serie di fatti misteriosi: i genitori dei ragazzi, i padri soprattutto, sembrano colti da una inquietante possessione.

Il romanzo di formazione e il thriller convivono intramati con maestria da una penna che usa dialoghi febbrili e cambi repentini di scena. Un libro profetico, forte e perturbante. Dentro ci sono la lotta tra il bene e il male, i protagonisti adolescenti, il rapporto tra i padri e i figli, la forza della Natura, la provincia amata e odiata e amata fino all'odio e odiata fino a essere amata.

Detto così da parte mia sembra "tanta roba" e infatti lo è, eppure su tutto prevale una delicatezza incredibile nello sguardo e anche un senso della misura, perché il romanzo si tiene ed è simile al vero. Insomma ti trovi dentro una storia incredibile e ci credi, con lo stupore di una bambina al quale stanno raccontando una favola horror.

Michele Vaccari, del quale non avevo mai letto nulla, e che ha pubblicato, tra gli altri, Il tuo nemico (Frassinelli 2017), Un marito (Rizzoli, 2018) e Urla sempre primavera (NNE 2021) ha un immaginario che dire ricco è dire poco. Mi ha ricordato Stephen King. Un grande.

sabato 25 marzo 2023

L'inganno di Veronica Tomassini romanzo scapigliato romanzo in filigrana


Di Veronica Tomassini ho letto Sangue di cane, rimanendone folgorata. Il suo libro più recente, L'inganno, per La Nave di Teseo (194 pagine, euro 20, 2022), ha una forza e un'identità mai trovate e inarrivabili.

La trama si riassume in poche righe: una donna siciliana trascorre un mese o poco più a Milano, inseguendo un amore che non si farà trovare, alloggia nella casa popolare di una signora, la signora Erminia, affittacamere che ascolta musica da balera detonante, si addormenta sulla sedia dopo averle lasciato il caffè latte o la minestra e in una maniera maldestra e affettuosa la consola, sempre che di consolazione questa donna sola e colta abbia bisogno. 

Insomma non è la trama qui che ci interessa, la trama è il pretesto per una lingua poetica e non alta, di più, altissima. Milano è un paesaggio di acciottolato brumoso, negozi alteri e chiese dalle alte volte. Una Milano sapientemente tratteggiata, vista attraverso i finestrini del tram, popolata di un'umanità che sa "di aglio e di mamma", con le tinte accennate ma precise di certi pittori scapigliati a noi cari, come cara ci è la scrittura di Veronica Tomassini e la sua voce, generosa, forte e lontana da qualsiasi cliché, che non indugia su se stessa, ma scrivendo di sé scrive di un mondo.

La sua solitudine cava e senza scampo è una lente sublime. La lettura è un piacere allietato dalla sorpresa di trovare parole nuove, non desuete, ma rare come perle. Occhi roridi, volti corruschi. Aggettivi imprevedibili. Questa sì che è una scrittrice dalla quale andare a Bottega, sperando di rubarne i segreti, i ferri del mestiere, nel tentativo di produrre almeno una pallida imitazione.

Sarà presto in quel di Verbania. La attendiamo con trepidazione.

venerdì 6 gennaio 2023

Vuoto di Ilaria Palomba

"Prendete questo delirio, questo macello, e fatelo fiorire."

Così si conclude Vuoto di Ilaria Palomba, [Les Flàneurs Edizioni, pag. 283, euro18], scrittrice, saggista e poetessa pugliese.

Non è un libro per profani. E' pieno di dettagli e assolutamente privo di generi di conforto, che non sono, purtroppo o per fortuna nostra, quello che cerchiamo nei libri. Così che i profani stiano alla larga da questo libro, che fiorirà nel fango come il fiore di Loto e di quel fango che lo soffoca farà il suo nutrimento. Di anabasi, non katabasi, invece si tratta. Una lenta, ma inarrestabile (ri)salita.

Il libro racconta la storia di Iris, non a caso il nome di un fiore. E' una discesa agli inferi, una debacle, una rottura profonda anche con la realtà, ma non è questo che importa. Ci sono, è vero, molte
crepe, ma proprio per questo a filtrare è tantissima luce. Una luce potente identica a quella della verità.



Brava Ilaria Palomba: è giovane, ma sembra una maestra sapiente. Ha una voce fortissima. Leggerla, per me, è già un imperativo


domenica 1 gennaio 2023

Magnificat di Sonia Aggio: il realismo magico diventa perturbante in un esordio magnifico



Ho letto Magnificat di Sonia Aggio [Fazi editore, 17 euro] in questo inizio anno, tra ieri ed oggi.  Ne scrivo a "caldo" perché così mi va. 

E' un romanzo per il quale userei l'espressione di realismo magico ma non so se è una cosa che ho sentito da qualche parte o se me la sono inventata, quindi come tutte le cose che scrivo credo sia da prendere con le pinze. 

Ambientata durante la Piena che ha alluvionato il Polesine, nel '51, con qualche salto indietro e avanti nel tempo, la storia, che avvince e convince, narra di due cugine, Nilde e Norma, che sono quasi e forse più che sorelle: rimaste entrambe orfane, dopo i bombardamenti del '44,  sono cresciute insieme, in un rapporto di affetto forte, che le lega in maniera indissolubile una al destino dell'altra.

E' originale la struttura del romanzo, che si divide in due parti quasi speculari: la prima scritta dal punto di vista di Nilde, la seconda dal punto di vista di Norma. Le stesse scene appaiono così riscritte, cambiando il narratore. 

Da subito si capisce che qualcosa di ineluttabile e potente sta per accadere e quando questo evento, che si annuncia drammatico e tragico, accade, il lettore [nella fattispecie io] vi assiste con molta paura e sgomento, direi con orrore, fino alla fine tenuto incollato come davanti a un horror ben congegnato [mi sembra questa che ho scritto una banalità gigantesca, poiché si è trattato di cronaca e infine di un avvenimento storico che ha travolto un'intera società]. 

Il paesaggio del Delta del Po, che ha qualcosa di sublime e che la sua autrice dimostra di amare con un amore religioso e profano insieme, è descritto con una penna felice e diventa protagonista, insieme a Norma e a Nilde, del romanzo.

Paesaggio che, nonostante la devastazione, non ha perso la sua bellezza. 

Storia che, "nonostante" la sua tragicità e la sua natura perturbante, mi pare un esordio magnifico [il "nonostante" è perché di mio tendo a evitare sia le tragedie che il perturbante].

La luce, che comunque c'è e si apre, è nello sguardo  amorevole dell'autrice verso la sua terra, alla quale reca un tributo di grazia e gratitudine, narrando una storia che sembra avere radici lontane.