Insegna luminosa

Insegna luminosa

domenica 19 aprile 2020

L'arte sconosciuta del volo di Enrico Fovanna è un romanzo perfetto

Il titolo è lapidario. E quindi potrei anche fermarmi qui.

C'è ne L'arte sconosciuta del volo di Enrico Fovanna (Giunti 2020) un mondo che conosco non proprio di sguincio, perché è a due passi da me. Ambientato nella Premosello dove pure sono nata, si spinge nella Liguria che amo, nella Milano che ho bazzicato, nell'Ossola alta che una mezza "sardina" come me ha sempre guardato circospetta.

Non è solo un giallo, con tutto il rispetto per il genere, non è solo una storia di bambini. Una voce silenziosa e gentile lo anima e, piano piano, addentrandosi nelle paure, dipana un universo oscuro avvolto anch'esso nel silenzio delle chiese e dei cimiteri.

Il paesaggio, non mero fondale, in questo paradiso da cartolina nel quale apparentemente non succede mai nulla, è testimone oculare di fatti efferati. L'omicidio di due bambini.
Il piccolo Tobia, ormai adulto, che ancora sogna di volare come Bob Beamon nell'aria rarefatta di città del Messico del 18 ottobre 1968, assapora l'arte sconosciuta del volo in un viaggio iniziatico a ritroso nella sua infanzia, come un passaggio obbligato attraverso le sue paure e, forse, troverà la forma perfetta della sua, come di tutte, le anime.

mercoledì 1 aprile 2020

La mia casa nel 2018 (ora è già cambiata, come me del resto)

Casa mia è divisa in zona giorno, dove vive il cane, e zona notte, dove vivono le gatte. Come dice anche il proverbio, cane e gatto non vanno d'accordo, sono appunto come il sole e la luna, il giorno e la notte, appunto.
Comunque nella zona giorno, dove c'è la cucina, una volta c'era un garage. Quando abbiamo ristrutturato, per alzare il pavimento a livello del resto della casa e per isolare, abbiamo messo degli igloo di plastica. Non so perché, ma questa cosa di avere in casa gli igloo mi ha esaltata e per un po' dicevo la parola igloo a tutti.
La cucina vera e propria, intesa come mobili e piano cottura e frigorifero e lavandino e forno, occupa un lato e un angolo di quello che era appunto il garage, in mezzo c’è il tavolo. Le gambe del tavolo, che è rotondo e allungabile, sono state mangiate dal cane. Sul frigorifero ci sono, ma questo è un classico, le calamite. La mia preferita è un'aragosta rossa a pois che quando si apre il frigorifero muove le zampette: una si è rotta, quindi l'ho incrociata su un'altra. Accanto alla finestra c’è una libreria: ci ho messo tutti i miei libri di ricette e sopra spenzola una sorta di edera non rampicante, ma cascante appunto. Credo si chiami Cissus.
Tutto il resto è uno spazio aperto, nel centro del quale troneggia una stufa mangiatutto, talmente brutta che mi ci sono affezionata. E' marrone e sulla canna fumaria c'è una corona con quelle bacchettine alle quali, quando la stufa è accesa, noi appendiamo la robettina ad asciugare. Con robettina intendo calze e mutande.
Dall'altro lato della stufa, dove c'è la porta d'ingresso, c'è un divano letto. Lo teniamo insieme con delle fascette da elettricista, altrimenti si aprirebbe. Quando vengono i nostri parenti, noi dormiamo lì e quando è chiuso ci metto sopra dei grossi teli batik, comprati al mare in estate.
Davanti al divano c'è un mobile tondeggiante e sopra il mobile la televisione. La televisione prima era piccola, adesso è gigante e copre quasi del tutto il quadro che si trova appeso alla parete. Il mobile tondeggiante ereditato dalla zia di mio padre, la zia Lisa, un tempo era marrone, poi l’ho fatto laccare di bianco e ho messo dei pomelli colorati sulle ante. Il cane ha rosicchiato anche quelli.
La porta d'ingresso prima era una finestra: è di legno laccato di grigio e al centro ha una finestrella a forma di rombo, di vetro satinato. Ci ho appeso sopra l'effige in terracotta di una divinità che tira fuori la lingua e, accanto, anche un paio maschere di legno: sono sarde e si dice proteggano gli abitanti della casa.
Tra il divano e il mobile della televisione, di fronte alla cucina, c'è una portafinestra che dà su una terrazza che porta al giardino. Un tempo la portafinestra era una finestra e non c'era la terrazza. Accanto alla portafinestra, sul pavimento da un lato ci sono delle orchidee: fioriscono e sfioriscono da alcuni anni e ogni volta che questo si ripete mi sento piena di gratitudine. Invece tra il divano e la porta c’è un ficus, vuole poca acqua, mi ha detto il fiorista quando l’ho comprato: è ancora vivo e anche questo mi stupisce.
Accanto al mobile del televisore c’è un comodino, me l’ha regalato la zia di mio marito, e sopra ho messo una grossa euphorbia, anch’essa viva da quasi un anno.
Nella zona notte, quella delle gatte, ci sono un lungo corridoio, due camere ai lati e un bagno e quello che doveva essere un altro bagno, ma ho finito i soldi della ristrutturazione, così è diventato un ripostiglio. Dentro il ripostiglio c'è anche la lavatrice. La lavatrice quando ha finito di lavare suona una musichetta allegra.
La cameretta più piccola doveva essere quella dei bambini. Ha due lati corti e due lunghi, così è lunga e stretta: per smorzare ho escogitato un effetto ottico, facendo verniciare i lati corti di grigio più scuro del grigio dei lati lunghi. Ho chiesto agli imbianchini di dipingere una striscia rossa fiammante a circa due terzi di altezza della parete lunga che proseguisse poi nel corridoio. Li ho sentiti mentre ero nel bagno, che è proprio accanto, ironizzare sul fatto che come camera dei bambini fosse piuttosto tetra e forse avevano ragione. Comunque nessun bambino in quella camera, alla finestra della quale avevo messo tendoni a strisce bianche e rosse, ha mai dormito finora.
Il bagno è luminoso, come il resto della casa, lì ci sono anche due lettiere per le gatte: gli amici si vedono nel momento del bisogno, non so perché mi viene in mente questa frase, ma la associo al bagno. Ho appeso a un portasciugamani una pianta grassa che quando la innaffio si gonfia e ha dei pallini cascanti. La pianta si chiama Senecio.
In corridoio ho fatto appendere degli adesivi di uccellini di forme diverse che prendono il volo, da sopra la linea rossa. In corridoio c’è la mia libreria. Avevo cominciato a mettere ordine, dividendo i libri per genere e autore quando, con la scusa di timbrarli con il mio ex libris, li ho tirati giù uno alla volta, ma quasi subito mi sono stufata e li ho lasciati così, nel loro disordine dimezzato.
La nostra camera è piuttosto grande e quadrata, una volta avevamo un letto di ferro battuto, poi l’abbiamo sostituito con un uno di legno. Nella camera il pavimento è di graniglia rosa: era quello di mia nonna e non ho voluto cambiarlo, anche se quando cammini a piedi nudi è piuttosto freddo. Sulla finestra ho messo delle tende con un motivo a losanghe, color lavanda: le avevo comprate al mercato equosolidale.
Separa la zona giorno dalla zona notte, oltre a una porta a scrigno, un cancelletto, e il cane cerca di travolgerlo se è chiuso, ma se è aperto, non lo oltrepassa, forse perché quello è il confine invalicabile con un territorio che non gli appartiene, il limite insuperabile tra il giorno e la notte, più probabilmente perché sa che se andasse nella zona notte, i gatti la farebbero nera, di fatto è una cucciolona nera.
Una volta è scappata una delle due gatte, allora abbiamo chiuso l’altra in bagno e il cane in camera, perché la gatta potesse rientrare dalla terrazza. Per paura o per dispetto il cane ha fatto la pipì sul nostro letto. Ce ne siamo accorti a mezzanotte e abbiamo dovuto recuperare il materasso del lettino della cameretta, che però è rimasto sollevato e il nostro letto è diventato simile a quello di un ospedale.
Mio marito si è arrabbiato, io ho riso di quel piccolo incidente animalesco, perché per me le tragedie sono altre.